Franco Bricola
Professore di Diritto penale e di Diritto pubblico comparato nella Facoltà di Giurisprudenza.
Franco Bricola nacque a Novi Ligure (Alessandria) il 19 settembre 1934. Compì nell’Università di Pavia gli studi in giurisprudenza e si laureò nel 1957 con una tesi in Diritto penale, avendo come maestro Pie- tro Nuvolone ed ottenendo il massimo dei voti e la lode. Immediatamente coinvolto nell’attività della cattedra penalistica dell’ateneo pavese, interpretò in modo molto aperto la sua vocazione per la materia, peraltro mai messa in discussione; e questo grazie anche all’interesse per il diritto comparato che lo portò subito ad accostarsi all’Associazione internazionale per l’insegnamento del diritto comparato e che coltivò per tutta la sua attività di studioso. Frutto di tale apertura furono i soggiorni di studio a Madrid nel 1961 e a Freiburg im Breisgau nel 1962, ove ebbe l’opportunità di studiare sotto la guida di Hans- Heinrich Jescheck. Conseguita la libera docenza in Diritto penale nel 1961, professore incaricato di Diritto processuale penale a Pavia a partire dall’anno seguente, nel 1964 risultò secondo vincitore del con- corso chiesto dall’Università di Messina e fu chiamato come professore straordinario di Diritto penale a Sassari. A quel punto della carriera il trentenne penalista vantava già due monografie e stava ultimando la terza (Dolus in re ipsa, Milano 1960, Fatto del non impu- tabile e pericolosità, Milano 1961, e La discrezionalità nel diritto penale, Milano 1964), oltre ad aver pubblicato una trentina tra articoli e note. In quegli anni di poco precedenti alla contestazione studentesca il corpo docente dell’università sassarese presentava un equili- brio tra i professori locali e quelli che, per lo più giovani, venivano da grandi scuole della penisola e si sperimentavano nel campo della ricerca e dell’insegnamento; tra questi ultimi, per la Facoltà di Giurisprudenza è il caso di Catalano, Persiani, Cattaneo, Marinucci (successore immediato di Bricola nella cattedra penalistica) e, appunto, di Bricola, il cui apporto alla didattica e all’indagine scientifica fu vivamente apprezzato dai colleghi. Per lui il soggiorno sassarese durò poco, giacché dall’inizio del 1967 fu chiamato dall’Università di Bologna, ove operò per quasi tutto il resto della sua attività, a parte un triennio (1984-87) nel quale tenne la cattedra di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma. Nella città felsinea fu allora che, col suo magistero, prese a formarsi la scuola bolognese di Diritto penale. Furono gli anni della svolta nella dottrina penalistica, che andava orientandosi non solo verso una rigorosa e perciò estensiva applicazione dei principi costituzionali, ma anche per l’attenzione alle problematiche della politica criminale e a quelle contigue della sociologia della devianza. Come riconoscono gli storici della cultura penale del Novecento (Ferrajoli, Sbriccoli), Franco Bricola fu tra i protagonisti di questa svolta, sapendo arricchire le basi dogmatiche della disciplina con le rilevate aperture ad interessi comparatistici e interdisciplinari. Così nel 1975, insieme ad Alessandro Baratta – un altro esponente della nuova generazione, che nel criminale coniugava i profili filosofici e sociologici con quelli strettamente penali – fondò la rivista La questione criminale, vivacissima negli anni in cui si pubblicò (1975-81). In questa ottica non poteva mancare una riflessione rinnovata sul carcere, che tra l’altro si tradusse nella cura di un volume pubblicato nel 1977 (Il carcere riformato), e in generale sulla pena e sulle misure alternative, che tra l’altro condusse a La riscoperta delle pene private nell’ottica del penalista (è il titolo di un saggio del 1985). Né certo gli mancò la consapevolezza di quel che si stava muovendo, tanto che, con la partecipazione del protagonista ma anche con il distacco dello scienziato, si cimentò in un affresco dedicato a valutare i Rapporti tra dogmatica e politica criminale (1988: tema su cui ritornò sotto molte angolature, tanto da sostanziare una raccolta di scritti, edita po- stuma nel volume Politica criminale e scienza del diritto criminale,1997). È del 1973 l’opera di maggior spessore intellettuale, pubblicata peraltro in una sede non proprio di grande appariscenza, non avendo veste editoriale autonoma ed essendo ospitata come voce del Novissimo Digesto (vol. XIX, pp. 7-93): la Teoria generale del reato. Ed è, anche questo, un segno dello spirito rinnovatore del penalista, capace di proporre una sintesi che, valorizzando la precettività dei principi costi- tuzionali, rifondava rigorosamente la nozione di reato, di beni giuridici, di responsabilità penale, criticando ogni vaghezza foriera di discrezionalità e attribuendo nel contempo – ed era un risvolto di politica del diritto – al Parlamento il ruolo centrale nella produzione delle norme incriminatrici, di contro sia all’esecutivo, sia al giudiziario: una visione neoilluministica, già nettamente espressa nella citata mono- grafia su La discrezionalità nel diritto penale, che Bricola rivendicò sempre a sé. Che si trattasse di dar luogo ad una rifondazione della teoria del reato, l’autore era evidentemente convinto: a suo parere in- fatti occorreva rimuovere la situazione antinomica «tra il volto che l’illecito penale assume nella normativa costituzionale e il volto che esso conserva nella normativa penale ordinaria». Come è stato auto- revolmente riconosciuto, la Teoria generale del reato «delineando con grande vigore la dimensione costituzionale del diritto penale, ha dato basi teoriche e politiche a un’intera fase della scienza penale ita- liana» (Sbriccoli). Una delle direttrici dei suoi interessi fu il campo penale dell’economia, in cui offrì il contributo della sua riflessione innovativa, ancora una volta muovendo dalla forza vincolante delle nor- me costituzionali da applicare al mondo dell’impresa e della finanza, acutamente osservato dal giurista. Così, sin dai primi anni Settanta mise in discussione il dogma che l’universitas non può delinquere, ov- vero che una società non può essere chiamata a rispondere penalmente dei propri atti (Il costo del principio “societas delinquere non potest” nell’attuale dimensione del fenomeno societario, 1971). In tutti i suoi lavori «Bricola pensa e guarda da penalista completo, che sa padroneggiare e sa cogliere nessi, come interprete e come politico del diritto» (Giorgio Marinucci). Furono qualità che seppe esprimere anche nell’esercizio dell’avvocatura, che intraprese a Bologna dopo il periodo pavese e l’insegnamento sassarese e che gli procurò ulteriore fama. Bricola morì a Parigi il 29 maggio 1994. Tratto da Italo Birocchi, in Storia dell'Università di Sassari a cura di Antonello Mattone