Eduardo Cimbali
Professore di Diritto internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza.
Eduardo Cimbali nacque a Bronte il 16 luglio 1862, da una numerosa famiglia che avrebbe dato altri importanti uomini di università. Eduardo, il più giovane, dopo aver compiuto i primi studi a Napoli, si laureò in giurisprudenza a Roma nel 1874. Partecipò a vari concorsi e sulle sue “disavventure” accademiche il 27 febbraio 1899 fu addirittura presentata alla Camera una interpellanza. A Sassari Cimbali arrivò nel 1903-04, dopo essere stato giudicato eleggibile nel concorso bandito dall’Università di Palermo nel 1902 (esito sfavorevole aveva avuto invece, dopo un polemico rifiuto di Cimbali a presentarsi alla prova orale, il concorso del 1903 bandito per il posto di professore straordinario a Sassari). Cimbali fu studioso animato da una profonda e sentita vocazione, accanito propagatore di idee nuove (talvolta – gli fu rimproverato – troppo nuove), convinto di dover rinnovare la sua disciplina, nemico dell’establishement accademico e scientifico, a suo modo “sovversivo”, cioè portato a interpretare le leggi del Diritto internazionale senza mai separarle dal contesto generale della concorrenza tra i Paesi e da quelli che egli riteneva fossero gli interessi superiori dei popoli. Fu a Sassari, per l’appunto, che Cimbali approfondì i temi della critica al Diritto internazionale vigente, svolgendo un’intensa ope- ra di ricerca e un’altrettanto vigorosa attività di polemista, affidata anche alle pagine del quotidiano locale La Nuova Sardegna, il foglio radicale d’opposizione governativa del quale fu assiduo collaboratore. Nel dibattito sulla natura del Diritto internazionale come discipli- na accademica, Cimbali polemizzò specialmente (e con asprezza crescente) con la concezione “privatistica” dominante quella tradizio- ne di studi, in nome di quel Diritto internazionale pubblico che aveva all’epoca ben poca legittimità nell’ambito degli insegnamenti impar- titi ex cathedra. La sua prolusione al corso del 1903-04, intitolata Della necessità di un nuovo diritto internazionale conforme allo spiri- to dei nuovi tempi e della vera civiltà, suscitò in effetti le più accese reazioni, anche fuori d’Italia. Cimbali, nel suo scritto, aveva negato valore di scienza a un Diritto internazionale che ammettesse tutti gli Stati senza prima discuterne l’origine e il modo della formazione, che accettasse il diritto di conquista e l’espansione coloniale dei popoli “civili” su quelli “barbari”, che tollerasse la guerra e cercasse tutt’al più di regolamentarla. «La forte carica di novità delle sue tesi – ha sostenuto il suo principale biografo Busacca –, unita ad un gusto spiccatissimo per la polemica e l’aggressione personale, ed ancora il verbalismo demagogico sempre affiorante nei suoi scritti attirarono a Cimbali l’antipatia di gran parte del mondo accademico e ne resero travagliatissima l’attività di insegnamento universita- rio». Negli anni successivi al suo trasferimento a Sassari si situano gli interventi (nei quali spesso l’ambizione scientifica era sacrificata all’urgenza ed alla unilateralità della polemica diretta) contro la politica coloniale, contro l’organizzazione internazionale e il diritto internazionale degli Stati, per la libertà della scienza. Una parte preponde- rante dell’attività pubblicistica di Cimbali fu invece rivolta alla questione sarda, in coincidenza con la ripresa del dibattito che segnò l’inizio del secolo (e che culminò nel 1907 con il nuovo testo unico delle leggi per la Sardegna firmato dal ministro Cocco Ortu): oltre a una serie di scritti di maggiore respiro, egli partecipò intensamente alle polemiche che occuparono in quegli anni le prime pagine della stampa quotidiana locale, inserendosi in modo non occasionale nel dibattito politico e teorico della giovane sinistra sarda di ispirazione radicale e marxista. La “persecuzione accademica” di Cimbali rese particolarmente contrastata la sua promozione ad ordinario. Dopo varie bocciature, nel 1910 fu nominata una terza commissione, ma – come avrebbe poi di- chiarato alla Camera il ministro Credaro – i commissari ritennero «inutile venire a Roma, perché sarebbero venuti a dare voto contrario». Seguì un’intensa polemica, che ebbe (di nuovo) clamorosi riflessi nell’aula della Camera. A Sassari l’associazione progressista “Corda Fratres” votò un vibrante ordine del giorno di solidarietà: già nel maggio 1908, all’epoca dal primo concorso annullato, gli studenti aveva- no accolto la ripresa delle lezioni di Cimbali con «un applauso lunghissimo e fragoroso»; e la Nuova Sardegna aveva espresso la sua simpatia «contro le nuove indegne persecuzioni». Finalmente, nel 1913 Cimbali fu promosso ordinario. Ma la commissione che lo giudicò non poté fare a meno di ribadire ancora una volta le critiche di fondo che la corporazione degli internazionalisti gli aveva più volte rivolto negli anni precedenti. Per tutta risposta, Cimbali inaugurò il suo corso sassarese dell’anno 1912-1913 con una polemica prolusione intitolata Dal vecchio al nuovo Diritto internazionale. Il 28 febbraio 1915, pronunciando all’università la sua lezione di congedo, prima di trasferirsi nell’ateneo di Catania, avrebbe sviluppato un tema altrettanto polemico, in qualche modo riassuntivo delle posizioni di un decennio: L’eterna impotenza del diritto internazionale nel conflitti dei popoli e degli Stati. A Catania Cimbali occupò la cattedra di Diritto internazionale, esplicando una intensissima attività di propaganda interventista. Sostenitore convinto della politica estera di Mussolini, continuò a scrivere e a pubblicare su temi di diritto internazionale. Morì a Catania il 19 marzo 1934. La sua vastissima produzione, sempre a mezzo tra impegno scientifico e intenti di propaganda politica, si compone di decine di titoli, per lo più scritti brevi, spesso di intonazione molto polemica: si ricorda qui specialmente il volume Per la libertà della scienza e per la morale accademica, Roma 1901, voluminosa raccolta sulle polemiche concorsuali e disciplinari. Di rilievo anche Lo Stato secondo il diritto inter- nazionale universale, Roma 1891.
Tratto da Giuseppina Fois, in Storia dell'Università di Sassari, a cura di Antonello Mattone